sabato, 23 novembre 2024
  Username:   Password:
Ricordami su questo PC


Il Festincontro 2015
La presentazione del presidente
Il video della presentazione su TeleReggio
Dove siamo
Il programma
Speciale Festincontro 2015: Andrea Cavazzoni
Figli del Dio «onniamante»: padre Ermes Ronchi
Famiglia ti abbiamo a cuore: Costanza Miriano
Sport, in cerca di valori veri: Don albertini

Festincontro 2015



Sport, in cerca di valori veri

Don Albertini (Csi) auspica, nei «mister», più senso pedagogico-pastorale

“C’è una grande ricchezza umana all’interno del Centro Sportivo Italiano. Ed è fatta anzitutto di generosità, di gratuità (la stragrande maggioranza sono volontari...), di simpatia”. Sono parole di don Alessio Albertini, brianzolo doc ma nomade per chiamata, così si autodefinisce, da quando la Conferenza Episcopale Italiana, nel 2012, lo ha nominato consulente ecclesiastico nazionale del Csi; un incarico che lo porta di continuo su e giù per lo Stivale.

Sacerdote dell’arcidiocesi ambrosiana, presso la quale mantiene il suo ministero pastorale “ordinario”, don Alessio è fratello maggiore del più noto Demetrio, conosciuto ai più per esser stato centrocampista nel Milan dei tempi d’oro, grosso modo a cavallo tra i primi anni 90 e i primi Duemila, e per aver indossato a lungo la maglia azzurra in nazionale.

Don Alessio parla a braccio, sfoderando una verve comica “cabarettistica” tipicamente “milanese”, dal momento che inanella una serie di freddure e battutine molto divertenti che però, al momento giusto, si rivelano capaci di far riflettere. Il contesto è quello, molto colloquiale e familiare, dell'ultima serata del Festincontro, lunedì 15 giugno, nella quale don Alessio è stato invitato a testimoniare e ribadire che “Lo Sport sta di casa nella Chiesa”.

L’aula liturgica di Gavassa, la stessa che la sera precedente - e prima ancora venerdì 12 - aveva ospitato due affollati incontri con Costanza Miriano e padre Ermes Ronchi, non era purtroppo altrettanto gremita.

Dispiace per le assenze specialmente di quei tanti allenatori, molti dei quali giovani, e di tutti quei dirigenti sportivi che non hanno potuto o voluto cogliere l’opportunità offerta dal Csi di fare una verifica sul loro operato, tornando al senso più vero delle competenze e delle funzioni che esercitano all’interno delle società sportive del territorio di cui fanno parte.

Tra il pubblico sedevano l’amico don Pietro Adani, consulente ecclesiastico regionale Csi, e don Simone Gulmini, consulente ecclesiastico Csi provinciale.

Un’ora esatta d’intervento, che scivola via molto piacevolmente. Don Alessio arriva al nocciolo del messaggio che intende lanciare – e lasciare – al suo uditorio piano piano, addentrandosi con gradualità in un discorso condotto attraverso toni informali e amichevoli (ma non superficiali – e si capisce come sia abituato a stare in mezzo alla gente, a rapportarsi a tu per tu, guardandosi negli occhi, con le persone, specialmente i giovani), stabilendo un canale di contatto con i presenti che sfrutta la disarmante immediatezza del sorriso e della risata, ma per arrivare a significati più profondi, impegnativi.

Ancora una volta, sul banco degli imputati c’è la crisi, o meglio l’emergenza, educativa, quella di cui parlò - forse il primo a farlo chiaramente in questi termini - Benedetto XVI. A maggior ragione in un momento in cui, con l’avvento pervasivo e su larghissima scala dei «social media», “il giovane di oggi – afferma don Albertini – è connesso con il mondo, ma rischia di non essere «prossimo» a nessuno”.

Ma, la “colpa”? È solo dei giovani (...i quali – come vuole l’antico e ricorrente adagio popolare - “non sono più quelli di una volta)? E gli adulti, dove sono? Beh, questi ultimi, prima ancora che carenti di identità (e qui si potrebbe aprire un ampio capitolo, parlando per ore della latitanza dei grandi, quanto a figure e modelli di riferimento per le nuove generazioni), mancano anzitutto di tempo: “Ci svegliamo al mattino – scherza, ma non troppo, don Alessio – e abbiamo già tutti una fretta addosso... anche se è presto. E siamo comunque sempre in ritardo!”.

Lo sport, in questo senso, rappresenta una chance di eccezionale importanza, un elemento spesso decisivo per avvicinare e aggregare ragazzi e giovani, e così educarli.

L’aveva compreso benissimo Luigi Gedda, la cui storia è legata a doppio filo tanto a papa Pio XII quanto all'Azione Cattolica (della quale il Csi, ricordiamo, è una costola ed un’emanazione); egli intuì, settant’anni fa, la necessità di non sprecare l’occasione di entrare con lo stile proprio dei cattolici nel mondo dello sport, per animarlo e vivificarlo attraverso valori che potessero dargli obiettivi alti, nobili.

Perché, come tiene a precisare don Alessio, “lo sport non educa «automaticamente»”. Certo, nella visione sana, originaria e “pulita” che fu di Pierre de Coubertin, fondatore dei moderni Giochi olimpici, esso è sicuramente anche fatica, rinunce, attesa, sacrifici, sconfitte, condivisione, difficoltà.

E l’allenatore nel suo agire concreto traduce la visione che ha dello sport stesso, l’approccio nei confronti di esso e di quanti allena.

Il buon allenatore, sembra voler dire don Alessio, dovrebbe avere sempre chiara dentro di sé la risposta a un interrogativo di partenza fondamentale: che uomo/che donna vorresti che diventasse quel ragazzo/ quella ragazza che hai ora davanti? È prezioso ai tuoi occhi, indipendentemente dai risultati che consegue?

Il variegato universo sportivo, anche a livello amatoriale, pullula di tecnici e preparatori atletici ma manca spesso di attenzione pedagogica e pastorale, della cura per l’atleta nella sua integrità e completezza anzitutto in quanto persona. Certe prospettive possono dire molto sul modo in cui intendiamo l’attività sportiva. Se l’agonismo – tanto più dove a comandare è il business – è “una scommessa”, allora saremo pronti a chiedere a questi atleti qualsiasi cosa, scendendo a qualunque compromesso pur ché raggiungano certi obiettivi, purché “rendano” e macinino vittorie in base a determinate aspettative.

Se invece lo sport è dono, un dono da coltivare, allora quello che proporremo e faremo vivere ai ragazzi – spiega don Albertini – sarà un’occasione unica di crescita (come individui, non come “polverizzatori di record” ossessionati dalle prestazioni), di insegnare loro qualcosa che li aiuterà e guiderà nella vita. “Vincere un’Olimpiade è un’esperienza straordinaria… ma se pensi di non essere nessuno senza quella medaglia al collo, allora non vali niente”: è una frase del film Quattro sotto zero che don Alessio utilizza per rincarare la dose su questo delicato argomento.

La Chiesa guarda con una certa apprensione, ma al tempo stesso con speranza, alla fase della vita sociale e pastorale che stiamo attraversando, ben sapendo che “non si possono lasciare soli” – conclude don Alessio – i giovani, in questo momento di smarrimento generalizzato. E il Centro Sportivo Italiano rappresenta in questo frangente le “braccia” e le “gambe” della Chiesa, forte di un patrimonio di persone ed entusiasmo, di progetti e idee su cui investire con fiducia a lungo termine. Fischio d'avvio, dunque, e che la sfida abbia inizio.

Matteo Gelmini


Azione Cattolica Italiana - Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla - Atto normativo

sito registrato nella