Frate felice. Si presenta con una carta d'identità evangelicamente essenziale padre Ermes Maria Ronchi, presbitero dei Servi di Maria, nella nuova aula liturgica della parrocchia di Gavassa, occupata in ogni ordine di posti, nella serata inaugurale del 12 giugno. Il religioso racconta di un bambino probabilmente non battezzato incontrato di recente in una chiesa d'Italia, che vedendolo vestito da prete e additando il Crocefisso gli ha chiesto: Chi è quello lì?. Al che lui ha avuto la gioiosa opportunità di rispondere: È uno che ha fatto felice il mio cuore.
Semplicità, affabilità, calore: la teologia di padre Ronchi si ascolta che è una delizia, tra immagini concrete e neologismi a mo' di slogan, del tipo “Beati i futuri di cuore”. Un fiume in piena, di cui catturiamo qui solo un bacile, a beneficio di chi se lo fosse perso.
Prende spunto dal titolo della relazione, “Non temere: ti ho chiamato per nome”, il commentatore di origini udinesi, per parlare anche di sé e della sua vocazione: Ermes all'anagrafe, ma credo che il mio nome sia «riempito di grazia», come in un'Annunciazione che Dio fa a ogni uomo e ogni donna. Siamo tutti amati per sempre, sintetizza.
Quanto al non temere, o espressioni analoghe, è stato contato che nella Bibbia ricorrono 365 volte. Un pane quotidiano. Per dire che credere è una festa, è avere una storia con Dio, e che non si può temere un Giudice che è morto d'amore per te. Certo, argomenta il teologo, ci sono mille motivi per avere paura. “La paura di Dio è la peggiore di tutte. Alla sua radice la paura è un peccato di fiducia, un deficit di fede. Eva e Adamo, che hanno paura di fronte al Creatore perché si scoprono nudi, vedono in realtà un'immagine deviata di Dio.
Ma Dio preferisce essere amato, che obbedito. Anche perché è solo misurandoci con cose più grandi di noi che troviamo noi stessi: La Bibbia non ama i perfetti, ma gli incamminati. Sapienza in pillole, mentre l'uditorio (presente anche il Vescovo) assapora in silenzio. Altri esempi?
Il nome di Dio è libertà, pienezza e gioia. I cristiani sono quelli che credono all'amore di Dio. Non siamo cristiani perché amiamo Dio, ma perché Dio ci ama. Se il cristianesimo separa il Dio dell'umano dal Dio dei riti, dice ancora padre Ronchi, è a rischio sclerocardia. Il segreto è proprio scoprire l'amore che Dio ha in noi.
Il predicatore lo spiega così: Un cuore indurito non guarisce con le regole, ma facendo comparire la vita nuova. Quando amiamo profondamente qualcuno, Dio sta già lì. Esiste uno spazio intatto, quello dell'amore che ha fondato il nostro essere. Aver fede nell'amore, che ha fame di eternità. Padre Ermes raggiunge così una delle sottolineature teologicamente più interessanti della sua esposizione: Dio non è l'Onnipotente che si degna di amare, perché è amore, e l'amore può solo e tutto ciò che l'amore può. Non è un Onnipotente che ha la meglio sui nemici, ma un Dio onniamante, fatto povero e messo a nudo dal suo amo - re, che non ci seduce perché può tutto o perché è eterno, ma ci fa innamorare con la bellezza almeno intravista del volto di Cristo, con la bellezza dell'atto d'amore. Ecco che credere è diventare il profumo di Cristo, odore di vita per la vita. Io sono profumo di Cristo - giganteggia padre Ermes - se rendo la vita migliore agli altri, anche solo a una persona, anche solo un po'. Libertà, amore e coraggio sono i tre gusti di questo profumo.
Se il peccato rende piccola la no - stra persona, la religione la dilata: Che il Signore renda il nostro cuore spazioso, è l'augurio finale del padre servita. Che cita, a sostegno della sua passionale tesi, anche il confratello poeta David Maria Turoldo: Impossibile amarti impunemente, impossibile amarti e non fiorire. La storia umana è un indissolubile nodo d'amore. Se ti fai lettore attento del Vangelo, respiri a pieni polmoni la libertà. Il segreto della libertà è quel pezzetto di Dio in te. Se sei fedele a quel pezzetto, sei santo.
Edoardo Tincani