Vangelo di Luca (9, 10-17)
Gli apostoli ritornarono e raccontarono a Gesù tutte le cose che avevano fatte; ed egli li prese con sé e si ritirò in disparte verso una città chiamata Betsàida. 11 Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono; ed egli li accolse e parlava loro del regno di Dio, e guariva quelli che avevano bisogno di guarigione.
Or il giorno cominciava a declinare; e i dodici, avvicinatisi, gli dissero: «Lascia andare la folla, perché se ne vada per i villaggi e per le campagne vicine per trovarvi cena e alloggio, perché qui siamo in un luogo deserto». Ma egli rispose: «Date loro voi da mangiare». Ed essi obiettarono: «Noi non abbiamo altro che cinque pani e due pesci; a meno che non andiamo noi a comprar dei viveri per tutta questa gente». Perché c’erano cinquemila uomini. Ed egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di una cinquantina». E così li fecero accomodare tutti. Poi Gesù prese i cinque pani e i due pesci, alzò lo sguardo al cielo e li benedisse, li spezzò e li diede ai suoi discepoli perché li distribuissero alla gente. Tutti mangiarono a sazietà e dei pezzi avanzati si portarono via dodici ceste.
In questo momento preciso della mia vita (non 3 mesi fa, non l’anno scorso, ma adesso) cosa vorrei raccontare a Gesù di me?
Quali sono le domande più intense, più forti che sento dentro di me e che vorrei dire al Signore?
Non a tutti, ma solo a Lui?
Io di cosa ho bisogno?
Perché ho scelto oggi di essere qui?
Qual è la cosa più intensa che in questo momento sto portando con me? (può essere anche l’impegno della scuola, un sogno, una conquista… cose belle o faticose, l’importante è che sappiamo che possiamo consegnarle a Gesù!)
Le persone di questo Vangelo, che hanno ascoltato Gesù, hanno 2 bisogni:
Il bisogno della vita: "Vivere, non vivacchiare!" (Piergiorgio Frassati)
La nostra vita non è fatta solo di pane, acqua, Mc Donald’s, Futurama: vogliamo avere una VITA AUTENTICA. Proviamo a vedere cosa significa per un giovanissimo avere una vita autentica!
E ora… ascoltiamo dalle parole di don Vito Piccinonna (assistente nazionale dei giovani AC) a cosa è chiamato un giovane di AC, quale sogno lo sta aspettando!
Gesù sta per essere condannato a morte. Questa non è certo una bella vita, secondo i nostri canoni. Anche quando dice ai suoi discepoli "Andiamo a Gerusalemme, là mi condanneranno a morte e mi uccideranno…" dobbiamo andare oltre le righe per capire cosa ci sta dietro per capire cosa rende la vita di Gesù veramente bella. Che logica ci sta dietro? Quella dell’amore! Attento: non è una risposta preconfezionata!!!
Quanti sono i sacramenti? 7. Cos’è un sacramento? È una Grazia che viene da Dio, a cui noi partecipiamo e che funziona: è efficace!
Stando al Vangelo, noi dobbiamo contemplare la bellezza della mia vita come un Sacramento: il Signore che attraverso me mette in gioco tutto se stesso. Ma non da solo: attraverso me!
Di cosa c’è bisogno per fare un Battesimo? Di acqua.
Per la Comunione? Di pane.
Per la mia Vita? Di me!
Io non subisco questa azione di Dio, perché Dio mi vuole protagonista, mi rende Sacramento del suo Amore e lo fa per me e con me! Tutto di me è reso un sacramento di amore: la disponibilità, l’attenzione, l’ingegnosità, la creatività…
Alcuni cercano Gesù per un qualche motivo. Gesù cerca i suoi discepoli perché vuole stare con loro. La vita bella contempla la bellezza degli altri!
Vangelo di Luca (7, 36-50)
Uno dei farisei lo invitò a pranzo; ed egli, entrato in casa del fariseo, si mise a tavola. Ed ecco, una donna che era in quella città, una peccatrice, saputo che egli era a tavola in casa del fariseo, portò un vaso di alabastro pieno di olio profumato; e, stando ai piedi di lui, di dietro, piangendo, cominciò a rigargli di lacrime i piedi; e li asciugava con i suoi capelli; e gli baciava e ribaciava i piedi e li ungeva con l’olio.
Il fariseo che lo aveva invitato, veduto ciò, disse fra sé: «Costui, se fosse profeta, saprebbe che donna è questa che lo tocca; perché è una peccatrice». E Gesù, rispondendo gli disse: «Simone, ho qualcosa da dirti». Ed egli: «Maestro, di’ pure».
«Un creditore aveva due debitori; l’uno gli doveva cinquecento denari e l’altro cinquanta. E poiché non avevano di che pagare condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?» Simone rispose: «Ritengo sia colui al quale ha condonato di più».
Gesù gli disse: «Hai giudicato rettamente». E, voltatosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Io sono entrato in casa tua, e tu non mi hai dato dell’acqua per i piedi; ma lei mi ha rigato i piedi di lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; ma lei, da quando sono entrato, non ha smesso di baciarmi i piedi. Tu non mi hai versato l’olio sul capo; ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. Perciò, io ti dico: i suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato; ma colui a cui poco è perdonato, poco ama».
Poi disse alla donna: «I tuoi peccati sono perdonati». Quelli che erano a tavola con lui, cominciarono a dire in loro stessi: «Chi è costui che perdona anche i peccati?» Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace».
Come questa donna, ognuno di noi nella vita ha dei bisogni, delle necessità, delle grida. Ognuno di noi ha anche qualcosa da donare agli altri. Magari gli altri non lo sanno perché facciamo fatica a dirlo.
Noi ragazzi dell’ACG facciamo questa esperienza non per noi ma perché sia ricchezza per tutti e perché anche noi possiamo usufruire della bellezza altrui!
All’inizio dell’AC c’è il sogno di 2 giovani!
Obiettivo dell’AC: formare laici per l’oggi, per questo tempo e per questa Chiesa. Come? Attraverso 4 mete, pilastri.
Interiorità: dire in maniera chiara che il centro della nostra vita e della nostra fede è Gesù. Non poter fare a meno di questo centro nella nostra vita e nella nostra preghiera.
Altrimenti facciamo acqua in tutte le cose che facciamo, e ne facciamo tante: "senza di me non potete fare nulla". Attento nella tua vita, guarda che Gesù ha qualcosa da dire a te, alla tua vita, ai tuoi sogni, ai tuoi casini. Non metterlo da parte!
Conclusione: il nostro compito è diventare il padre. "Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro".
Vangelo di Luca (15, 11-32) - Parabola del padre misericordioso
Disse ancora: "Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: "Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta". Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.
Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: "Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati". Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: "Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio". Ma il padre disse ai servi: "Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: "Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo". Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: "Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso". Gli rispose il padre: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".
Dobbiamo dunque riscoprire il termine straordinario di "prossimo", ovvero qualcuno al quale sappiamo dare esistenza attraverso il riconoscimento della sua presenza. Il problema di quella che lui chiama "carità presbite" , quella di molti cristiani del nostro tempo che amano chi è lontano, dimenticando chi è qui, vicino.
In un deserto aspro e roccioso vivevano due eremiti. Avevano trovato due grotte che si spalancavano vicine, una di fronte all'altra. Dopo anni di preghiere e feroci mortificazioni, uno dei due eremiti era convinto di essere arrivato alla perfezione.
L'altro era un uomo altrettanto pio, ma anche buono e indulgente. Si fermava a conversare con i rari pellegrini, confortava e ospitava coloro che si erano persi, e coloro che fuggivano; tutto tempo sottratto alla meditazione e alla preghiera, pensava il primo eremita, che disapprovava le frequenti, anche se minuscole, mancanze dell'altro.
Per fargli capire in modo visibile quanto fosse ancora lontano dalla santità, decise di posare una pietra all'imboccatura della propria grotta, ogni volta che l'altro commetteva una colpa.
Dopo qualche mese davanti alla grotta c'era un muro di pietre grigie e soffocante. E lui era murato dentro!
Talvolta intorno al cuore costruiamo dei muri. Il nostro compito più importante è impedire che si formino muri intorno al nostro cuore. E soprattutto cercare di non diventare una "pietra in più nei muri degli altri".
"Credere è diventato più difficile" - ha affermato il papa - ma al contempo e nonostante tutto, "credere è bello"! Non si tratta, tuttavia, di uno slogan a effetto o di propaganda a buon mercato, bensì di un percorso esigente delineato a partire dal necessario "coraggio di decisioni definitive" per fronteggiare un rischio tipico delle società più avanzate, quello di una cultura delle opzioni sempre reversibili: oggi sembra che l’accettazione del dover scegliere e l’assunzione delle conseguenti responsabilità – proprie dell’adulto maturo – siano procrastinate all’infinito e surrogate con emozioni, slanci, comportamenti "a tempo", soggetti alle mode stagionali, alle opportunità passeggere o, nel migliore dei casi, alle urgenze umanitarie. La fede cristiana, ma anche la pienezza della maturazione umana, sono invece legate a una saldezza capace di dinamismo, a punti fermi che orientano e non subiscono il mutare degli eventi, a una irreversibilità di scelte di vita che sola consente di fronteggiare con duttilità e consapevolezza la dinamica insita nella vicenda umana stessa.
E in questo senso la "proposta" cristiana appare per quello che è nella sua dimensione più autentica: un tentativo di "rendere visibile il Dio con il volto umano di Gesù Cristo". Quindi, "non un cumulo di proibizioni, ma una opzione positiva", una costante ricerca "di mettere meglio in rilievo ciò che noi cristiani vogliamo di positivo".
Oggi ai cristiani è chiesto, attraverso un’identità chiara che non teme il confronto, di non venir meno al loro compito di annunciare il vangelo, ma questo annuncio passa innanzitutto attraverso la "parola" universalmente intesa di un comportamento limpido, una pratica cordiale dell’ascolto, del confronto e dell’alterità: si tratta di "svelare" le ricchezze di una vita autenticamente umana, così come Dio l’ha pensata per l’uomo e l’ha resa visibile in Gesù di Nazaret.
La vita cristiana è anche un paziente "resistere durante i faticosi pellegrinaggi attraverso il quotidiano", come ricorda Benedetto XVI, eppure resta una vita "felice" nel senso vero, profondo, perché la felicità è la risposta alla ricerca di senso.
Proviamo a rileggere l’incontro di Gesù con alcuni personaggi e ad immaginare come essi sono tornati a casa… visto che nei Vangeli non c’è scritto!
Cerchiamo di entrare nell’ottica di entrare dentro le cose che ci capitano, anche quelle che siamo abituati a trovarci davanti. C’è un "di più" che dobbiamo stanare, capire, in quello che ci capita.
Proviamo a pensare ad una difficoltà che stiamo vivendo, presente nel nostro cuore, o da tanto tempo oppure in questo momento. Se ci fermiamo solo lì, possiamo perderci nei confronti della vita. Se presentati davanti al Signore, invece, questi limiti possono diventare una cosa nuova, una cosa bella.
Una grande santa diceva "Voglio essere la peccatrice più grande di questo mondo, perché voglio gustare la misericordia di Dio!" (Santa Teresina)
La misericordia di Dio è più grande del mio limite!
Quando soffriamo perché la nostra vita non ha raggiunto la sua bellezza, è sempre a causa dell’amore, che magari non abbiamo ricevuto. È sempre attorno alla dinamica dell’amore che ruotano le dinamiche della nostra vita. una delle espressioni più esigenti dell’amore – l’abbiamo vista l’altra volta – è quella del PERDONO. Perdonare le cose spicciole può risultare anche fattibile. Ma ci sono situazioni dove facciamo fatica a perdonare gli altri, ma soprattutto noi stessi! Facciamo fatica ad accettarci per come siamo. E’ questo il limite che ha fermato la Samaritana, il giovane ricco,… La preghiera non è il luogo in cui snocciolo formule o in cui sconto delle pene. Ma è il dialogo d’amore con Dio. Luogo in cui posso presentare le mie zone d’ombra.
Per i presenti: lettura del libriccino su Carlo Carretto che è stato distribuito
Per tutti (presenti ed assenti):
Siamo partiti con il chiedere ai ragazzi un ritorno rispetto all’ultimo compito sulla fiducia, che abbiamo poi visualizzato graficamente su un cartellone(cui allego foto) dove ognuno ha riportato le caratteristiche del personaggio a cui può dare fiducia.
Abbiamo visto che in tutte le dinamiche della vita ognuno di noi deve esprimere la sua fiducia verso persone o situazioni(es.scuola,lavoro,sport), altrimenti sarebbe davvero difficile vivere ogni momento della giornata. Per questo si è evidenziato il fatto che in un ambiente dove prevalgono le dinamiche della fiducia e non del sospetto è un ambiente ricercato, in cui le persone stanno bene.
Ci sono situazioni, persone, dinamiche che richiedono proprio per l’importanza e il ruolo che ricoprono una "affidabilità" massima. Quindi si ripone in loro fiducia proprio per questo.
Ci siamo chiesti: alle persone che ci danno maggior "affidabilità" e in cui riponiamo fiducia, cosa affideremmo?
Tutte queste situazioni ci portano a concludere che la fiducia in se, è un aspetto rilevante per poter proseguire il nostro cammino verso una "BELLA VITA". La vita è bella se ci si fida!
Proprio nell’ultimo laboratorio avevamo visto come alcuni personaggi del Vangelo si siano totalmente Fidati(magi, samaritana etc..) avevano poi visto la loro vita cambiare radicalmente in meglio!
A seguito di ciò, il laboratorio della formazione è continuato con una parte "dialogata" sostenuta da Don Gabri che, tramite un escamotage preso ad esempio da un famoso talk-show, ha permesso ai ragazzi di confrontarsi su alcuni temi-dinamiche che quotidianamente possono interpellare le loro coscienze.
Al centro della sala sono stati posti su un tavolo, alcuni titoli di tematiche che ogni giorno ci interpellano, es.La capacità di leggere la realtà, la fede e i dubbi,la paura del silenzio,la sessualità etc…da qui si è scelta una tematica da affrontare parlandone insieme. La prima è stata la paura del silenzio, che ha posto una questione importante sul significato e l’importanza che il silenzio ha per ognuno di noi. Sono uscite varie considerazioni tra cui:
Paradossalmente il silenzio diventa il momento in cui nella nostra testa, nel nostro cuore c’è più confusione!
Invece il silenzio può servirci per far venire a galla tutte le cose più nascoste, difficili da esprimere del nostro essere. Un esempio che ci può far capire meglio questa situazione è quello del latte che viene lasciato "riposare" un intera notte prima della caseificazione(produzione del formaggio). In questo modo AFFIORANO panna e grasso, così anche nel riposo della mente e del cuore(silenzio) posssiamo far "affiorare" le situazioni più critiche che spesso ci impauriscono.
Un ‘altra tematica affrontata è stata quella DELLA FEDE E I DUBBI. Un argomento che molto ci ha fatto riflettere, soprattutto per quanto riguarda la parte della testimonianza con i coetanei.
Molte le dinamiche che sono uscite, in particolare :
Al termine della riflessione abbiamo preso spunto dall’esempio di Vita di Madre Teresa, che proprio nel momento in cui sembra trovare lo scopo della sua Vita consacrata, cioè aiutare gli ultimi e i poveri, ci confida che da quel momento sembra aver sentito "il silenzio di Dio"! Mentre prima del suo cambio di prospettiva, da suora di un collegio per giovani ragazze di buona famiglia, ad ultima tra gli ultimi, ha sempre dichiarato di avere un rapporto "diretto" con il Signore, da quel momento sente che ciò viene a mancare. Questo ci dice che in tutti i modi nella Vita arriva un momento dove noi dobbiamo operare una scelta personale!
Bisogna oltretutto saper leggere la Fede come la capacità di cogliere qualcuno che ci vuole bene e lasciarsi volere bene! Accettare di conseguenza che l'Amore che scaturisce da questo voler bene sia più forte dei nostri limiti e delle nostre paure!
Come compito per la volta seguente che sarà giovedì 14 Marzo, si è proposto di cercare intorno a noi qualcuno o una persona in particolare a cui possiamo affidarci, per parlare di alcune tematiche che ci colpiscono quotidianamente o che spronano la nostra coscienza di ragazzi che stanno facendo un cammino di fede.
Forse hai già fatto esperienza della delusione: ti fidavi, credevi in un'amicizia, in un affetto, ma ti sei accorto che l'altro non era veramente interessato a te. Questa esperienza ti ha permesso di capire quanto hai bisogno di relazioni vere, autentiche: relazioni che ti portino a conoscere e ad accogliere l'altro per come è veramente, non per ciò che ha o per come ti fa sentire. Vivere relazioni autentiche è agire senza secondi fini, in modo gratuito e limpido, è rinunciare a porre etichette e a fare classifiche. (Azione cattolica italiana, Con tutto il cuore, op. cit, pp. 22-23)
Il corpo ha un ruolo importante all'interno delle relazioni, perché è la nostra prima forma di espressione.
Siamo consapevoli dei messaggi che lanciamo continuamente con il nostro corpo? Viene la tentazione di dire: io sono il mio corpo. Ma poi sento che, di fatto, dico: io ho un corpo. E questa ricchezza crea confusione. Il corpo mi definisce, mi limita.
Lettera agli Ebrei
"È impossibile infatti che il sangue di tori e di capri elimini i peccati. 5 Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:
Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato.
Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato.
Allora ho detto: "Ecco, io vengo - poiché di me sta scritto nel rotolo del libro - per fare, o Dio, la tua volontà".
Dopo aver detto: Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato, cose che vengono offerte secondo la Legge, 9soggiunge: Ecco, io vengo a fare la tua volontà.
Il corpo definisce la propria identità. Dà confini e limiti. Dio nella Genesi crea separando, limitando, evitando confusione.
Il corpo parla Che dire allora del corpo?
Voi avete un vasto codice di espressioni corporee grazie alle quali ci si riconosce come gruppo e si scambiano messaggi: un abbraccio, un certo modo di salutarsi, il tenersi per mano, anche solo uno sguardo:
Quali sono le emozioni ricorrenti?
Vi accorgete delle espressioni che assumete quando parlate con gli altri?
Vi è mai capitato di guardare gli altri per cercare di capire cosa provano? Secondo voi, a cosa serve osservare gli altri per capire come stanno? Non sarebbe meglio e più facile chiederlo direttamente?
Non si corre il rischio di sbagliare, di interpretare male ciò che vediamo?
Chi ascolta dovrebbe favorire una verbalizzazione da parte degli interlocutori.
Non è possibile mostrare un atteggiamento di ascolto solo con le parole, spesso è addirittura più importante ciò che si dice con il corpo.
È un’interpretazione. Occorre prestare attenzione alle sfumature.
Di solito quando vediamo che una persona prova un’emozione ci chiediamo da cosa derivi.
È importante modificare il nostro approccio in base alle emozioni che l’altro ci dimostra: Non siamo perfettamente trasparenti. Soprattutto i giovani chiedono agli altri di capirli ma fanno poco per essere capiti.
Secondo la Sacra Scrittura l'uomo è considerato come un tutto e il corpo umano è imparentato con la terra e con il cielo, è argilla che vive col il soffio vitale di Dio: "Il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente" (Gn 2,7). Il corpo vivente è chiamato in genere "carne" - in ebraico basar -, carne che vive per lo "spirito" - in ebraico ruah. L'uomo dunque è composto di terra e di soffio vitale, e ambedue sono da Dio, creati dalla sua parola.
Il Verbo si è fatto carne dandoci del corpo una visione totalmente nuova. Assumendo la nostra carne mortale, il Figlio di Dio ha voluto partecipare della nostra debolezza, della nostra fragilità. Per questo San Paolo dice che il nostro corpo diventa «culto logico e gradito a Dio» (cf Rm 12,1).
"Voi valete tanto quanto vale il vostro cuore. Tutta la storia dell’umanità è la storia del bisogno di amare e di essere amati. Il cuore è l’apertura di tutto l’essere all’esistenza degli altri, la capacità di intuirli, di comprenderli. Una tale sensibilità vera e profonda rende vulnerabili. Per questo taluni sono tentati di disfarsene e di chiudersi in se stessi. Amare è dunque essenzialmente donarsi agli altri.
Per quanto materiale sia, il corpo non è un oggetto tra gli oggetti. Anzitutto esso è qualcuno, nel senso che è manifestazione della persona. Quale meraviglia e quale rischio nello stesso tempo! Giovani e ragazze, abbiate un grandissimo rispetto del vostro corpo e di quello altrui! Che il vostro corpo sia al servizio del vostro io profondo!
(Giovanni Paolo II, Messaggio ai giovani di Francia - Parigi, 1.6.1980)
Cara Kitty,
[…] Ti ho già più volte spiegato che la mia anima è, per così dire, divisa in due
Ho molta paura che tutti coloro che mi conoscono come sono sempre, debbano scoprire che ho anche un altro lato, un lato più bello e migliore. Ho paura che mi beffino, che mi trovino ridicola e sentimentale, che non mi prendano sul serio. […] Io so perfettamente come vorrei essere, come sono di dentro, ma ahimé, lo sono soltanto per me. […] Come ho già detto, sento ogni cosa diversamente da come la esprimo, e perciò mi qualificano civetta, saccente, lettrice di romanzetti, smaniosa di correr dietro ai ragazzi. L’Anna allegra ne ride, dà risposte insolenti, si stringe indifferente nelle spalle, fa come se non le importasse di nulla, ma ahimé, l’Anna quieta reagisce in maniera esattamente contraria. […]
Ciò mi dispiace molto, faccio enormi sforzi per diventare diversa, ma ogni volta mi trovo a combattere contro un nemico più forte di me.
(da "Il diario di Anna Frank", Anna Frank, Mondadori – De Agostini, 1986)
Per me la piccola Chiesa che mi aiutò a capire la grande Chiesa, e a restare in essa, fu la Gioventù di Azione Cattolica, la Giac, come si diceva allora. Mi prese per mano, camminò con me, mi nutrì della Parola, mi diede l’amicizia,
(…) Quale aiuto fu me per me la comunità che avevo trovato! E che sarebbe stato se non l’avessi trovata? Al solo pensarci mi prende la paura. Mi diede proprio quello che la mia famiglia, ormai vecchia, non poteva più darmi (…).
La chiesa non era più per me il muro della parrocchia, dove si andava a fare delle cose obbligate, ufficiali, ma una comunità di fratelli che come me facevano un cammino di fede e di amore. Lì conobbi l’amicizia basata sulla fede comune (…)
Carlo Carretto
All’inizio della Bibbia si trovano le risposte alle domande che abitano nel cuore dell’uomo di tutti i tempi, più che raccontare l’inizio cronologico della storia.
Prime domande rivolte da Dio all’Adam:
- Adam (uomo, donna) dove sei?
- Dov’è tuo fratello?
Che rapporto hai con l’altro? E’ vicino o lontano? Ti senti custode, responsabile di tuo fratello oppure è poco o per niente esistente per te?
Caino (primogenito, "fabbro - geloso", nascita salutata da un grido di gioia di Eva, agricoltore sedentario) ed Abele ("soffio", minore o "aggiunto", pastore nomade), i primi 2 fratelli.
Diversità: Riuscirà l’uno ad accettare la diversità, l’alterità dell’altro?
Omicidio: Dio non chiede "Cosa hai fatto?" ma "Dov’è tuo fratello?"
Caino parlò al fratello Abele. Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. 9Allora il Signore disse a Caino: "Dov'è Abele, tuo fratello?". Egli rispose: "Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?". 10Riprese: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!
Imparare a vivere relazioni autentiche.
Una relazione autentica è quando riusciamo a stare l’uno di fronte all’altro senza maschere e ci sentiamo liberi di esprimere la nostra opinione, sapendo di essere accettati ed amati. È autentica quando non ha doppi fini, non ha scopi nascosti, così che siamo pronti a sopportare anche gli aspetti dell'altro che non ci "fanno comodo" o non ci vanno a genio. Solo allora diventa possibile condividere il proprio cammino con l'altro, che sentiamo nostro fratello.. Troppe volte, invece, nelle relazioni nascondiamo le parti di noi stessi che temiamo potrebbero essere non accolte o comprese. Tra queste, ad esempio, i nostri limiti, le nostre vulnerabilità, le ferite. Gesù per primo ha stretto relazioni significative.
Gesù ha vissuto la fraternità universale e nel contempo il legame particolare, più stretto, con alcuni amici ed i discepoli.
Il fratello nel Vangelo è chiamato "prossimo", termine che designa non tanto chi mi è vicino ma piuttosto colui che decidiamo di avvicinare, di rendere fratello quando lo incontriamo.
Lc 10,26 - Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è mio prossimo?". … Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?". Quello rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' così".
Tutti gli uomini sono fratelli perché figli di Dio, ma in verità diventa mio fratello solo colui al quale mi faccio prossimo, vicino. "Amare il prossimo" - "Voi siete tutti fratelli".
Più che parlare di fraternità però Gesù si è fatto concretamente fratello di tutti quelli che incontrava
La Chiesa ha un aspetto di fraternità, uno spazio in cui siamo fratelli, diversi ma uguali in dignità, dove condividiamo, fino ad essere una Koinonia, una comunione di fratelli e sorelle? Senza muri e barriere?
È nell’amore fraterno infatti che si coglie il sigillo della differenza cristiana. Guarda come si amano vicendevolmente"! "Bel comportamento"!
Va costruita giorno dopo giorno, perché non è spontanea. Non può essere istituita, non si stabilisce per legge. Può nascere solo da una decisione personale.
"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'e’ uno e’ quello che e’ già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo e’ rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non e’ inferno e farlo durare e dargli spazio" (Italo Calvino, Le città invisibili).
"Amicizie vere: possono nascere da interessi comuni, ma vanno oltre. Non utilizzo l’altro per me, ma ci facciamo compagnia aiutandoci ciascuno a camminare e provare a realizzare la propria vocazione. Non è un legame tra perfetti. E’ scuola di pazienza, perdono, condivisione insieme". (Mons. Massimo Camisasca)
«Quando si preferisce chiacchierare, chiacchierare dell’altro, bastonare un po’ l’altro – sono cose quotidiane, che capitano a tutti, anche a me – sono tentazioni del maligno che non vuole che lo Spirito venga da noi e faccia questa pace, questa mitezza nelle comunità cristiane».
Primo, «non giudicare nessuno» perché «l’unico Giudice è il Signore». Poi «stare zitti» e se si deve dire qualcosa dirla agli interessati, a «chi può rimediare alla situazione», ma «non a tutto il quartiere».
San Francesco non usa mai il termine di monaci o religiosi, ma fratelli, fratelli benedetti. Ha vissuto la fraternità in modo radicale, senza esenzioni o privilegi.
«Per cambiare il mondo, non proporti di compiere azioni eroiche, straordinarie. Al contrario, saranno il tuo impegno nell’ordinario e la passione per le piccole cose che fai, giorno dopo giorno, a trasformare lentamente tutto intorno a te». (Azione cattolica italiana, Con tutto il cuore, p. 35)
«Si ama tanto più efficacemente il prossimo, quanto più ci si adopera per un bene comune rispondente anche ai suoi reali bisogni. Ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d'incidenza nella pólis. È questa la via istituzionale — possiamo anche dire politica — della carità, non meno qualificata e incisiva di quanto lo sia la carità che incontra il prossimo direttamente» (Caritas in veritate, n.7).
Mi interrogo sulla realtà nella quale vivo e quanto influenza le mie scelte.
[Gesù e i suoi discepoli] giunsero a Gèrico. E mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”.
Allora Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!”. E chiamarono il cieco dicendogli: “Coraggio! Alzati, ti chiama!”. Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: “Che vuoi che io ti faccia?”. E il cieco a lui: “Rabbunì, che io riabbia la vista!”. E Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.
Come vede la presenza dei cristiani nel sociale e nel politico?
Penso, pertanto, che il credente, oggi più che mai, debba accettare il rischio della carità politica, sottoposta per sua natura alla lacerazione delle scelte difficili, alla fatica delle decisioni non da tutti comprese, al disturbo delle contraddizioni e delle conflittualità sistematiche, al margine sempre più largo dell’errore costantemente in agguato. Il cristiano, in pratica, imbocca la Gerusalemme-Gerico; non disdegna di sporcarsi le mani; non passa oltre per paura di contaminarsi; non si prende i fatti suoi; non si rifugia nei suoi affari privati; non tira diritto per raggiungere il focolare domestico, o l’amore rassicurante della sposa, o la mistica solennità della sinagoga. Fa come fece il buon Samaritano, per il quale san Luca usa due verbi splendidi: “Ne ebbe compassione” e “gli si fece vicino”. In concreto, come si caratterizza l’azione politica del credente?
Il cristiano che fa politica deve avere non solo la compassione delle mani e del cuore, ma anche la compassione del cervello. Analizza in profondità le situazioni di malessere. Non fa delle sofferenze della gente l’occasione per gestire i bisogni a scopo di potere. Paga di persona il prezzo di una solidarietà che diventa passione per l’uomo. Utopie? Forse. Ma così a portata di mano, che possono finalmente diventare “carne e sangue” sull’altare della vita. (27 febbraio 1987)
*Nel film ho voluto inserire un brano in cui dice che "non bisogna solo osservare il corteo dal balcone e applaudire. Bisogna partecipare, sporcarsi le mani, avere il coraggio delle proprie idee, anche di scontrarsi".
Cercasi un fine.
Bisogna che sia onesto. Grande. Che non presupponga nel ragazzo null'altro che d'essere uomo. Cioè che vada bene per credenti e atei.
Io lo conosco. Il priore me l'ha imposto fin da quando avevo 11 anni e ne ringrazio Dio. Ho risparmiato tanto tempo. Ho saputo minuto per minuto perché studiavo.
Fine ultimo
Il fine giusto è dedicarsi al prossimo.
E in questo secolo come vuole amare se non con la politica o col sindacato o con la scuola?
Siamo sovrani. Non è più il tempo delle elemosine, ma delle scelte. Contro i classisti che siete voi, contro la fame, l'analfabetismo, il razzismo, le guerre coloniali.
Fine immediato
Ma questo è solo il fine ultimo da ricordare ogni tanto. Quello immediato da ricordare minuto per minuto è d'intendere gli altri e farsi intendere.
E non basta certo l'italiano, che nel mondo non conta nulla. Gli uomini hanno bisogno d'amarsi anche al di là delle frontiere. Dunque bisogna studiare molte lingue e tutte vive.
La lingua poi è formata dai vocaboli d'ogni materia. Per cui bisogna sfiorare tutte le materie un po' alla meglio per arricchirsi la parola. Essere dilettanti in tutto e specialisti solo nell'arte del parlare.
Simulare la redazione di un giornale locale o della scuola, si devono decidere le rubriche e gli articoli da scrivere. In questo modo tirare fuori quali sono le cose interessanti e che possono interessare le persone delle realtà in cui viviamo.