Il perdono: tanto prezioso quanto difficile da offrire! Era gremita nel pomeriggio di sabato 28 ottobre la chiesa cittadina di San Pietro: in tantissimi era convenuti proprio per ascoltare sul tema del perdono Gemma Capra, vedova del commissario Calabresi ucciso sotto casa da estremisti di sinistra il 17 maggio 1972.
Un silenzio intenso ha accompagnato la testimonianza di Gemma Calabresi che a distanza di oltre mezzo secolo ha ricordato quella tremenda mattina in cui lei, madre di due figli e in attesa del terzo, è stata privata a neppure tre anni dal matrimonio del marito ucciso da esponenti di Lotta Continua, dopo che era stato oggetto di una feroce campagna di odio.
Soprattutto ciò che ha colpito l’uditorio sono state la franchezza e la serenità con cui ha ripercorso non solo le tappe della sua vita prima di “quella mattina”, ma in particolare l’impervio percorso per perdonare chi tanto male aveva fatto alla sua famiglia, fatto di lenti progressi ed anche di passi indietro. Gemma Calabresi, dialogando con Giuseppe Adriano Rossi, ha dimostrato che perdonare si deve e si può, anche se spesso non è facile soprattutto quando la mano omicida si alza sul fratello; e si possono incontrare esecutori e mandanti, come hanno fatto i suoi figli.
L’incontro, promosso dal settore adulti dell’Azione Cattolica diocesana nell’ambito del “Progetto Genitori” – di cui è ideatrice Maria Chesi - e introdotto dalla presidente diocesana Sara Iotti, è stata veramente una testimonianza che certamente ha dato motivo di speranza, di riappacificazione.
Soprattutto ha dimostrato che la preghiera in questo ambito è particolarmente preziosa ed efficace.
Gemma Calabresi ha affidato al libro “La crepa e la luce” i cinque decenni di cammino intrapreso sin da “quella mattina”, quando accanto al parroco - che le aveva comunicato l’uccisione di “Gigi”, come nel corso dell’incontro lo ha spesso chiamato - seduta sul divano ha sentito una particolare serenità, poi successivamente più volte sperimentata. E il merito va attribuito alle tante preghiere e all’affetto con cui da subito tante persone le sono state accanto. Nel necrologio fatto pubblicare sul Corriere all’indomani della morte di Luigi, aveva fatto scrivere “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” e quel verbo ha alla fine trovato piena attuazione.
Certamente Gemma è stata per tanti reggiani – e non solo, infatti ha incontrato scolaresche e anche detenuti – uno di quei “testimoni” che chiedeva Papa Paolo VI, capaci di incidere senza ergersi a maestro.