giovedì, 21 novembre 2024
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Chiesa in lutto per la morte di don Romano Zanni


Nella Casa di preghiera dei Fratelli della Carità in Albinea don Romano Zanni si è spento alle 8.45 di mercoledì 12 maggio. Aveva 75 anni. La notizia non è giunta purtroppo inaspettata: gravemente malato da alcuni anni, il sacerdote aveva intrapreso su sua richiesta l’ultimo tratto della sua salita al Calvario con il conforto dei sacramenti – l’Unzione degli infermi e la santa Comunione – e delle cure palliative.

Si spegne un faro della carità e della missione, uno dei sacerdoti più amati dal popolo di Dio reggiano-guastallese. Per comprendere al meglio la sua figura, è necessario presentarne la singolare “genealogia sacerdotale”.

Romano Zanni nasce il 31 luglio 1945 a Castellazzo (Reggio Emilia) da Giacomo e Bruna Brighenti. Giacomo, mezzadro, ha ben quindici fratelli, tra i più noti dei quali vi sono padre Leone (1897-1975) – ex combattente della Grande Guerra, esempio quasi leggendario di missionario comboniano – e don Artemio (1914-1990), il quale già dal seminario decide di essere prete diocesano, ma con uno spirito missionario come il fratello; don Artemio fu parroco nel 1945 a Felina dopo l’uccisione di don Giuseppe Iemmi, fondatore di “Casa Nostra”, missionario con don Mario Prandi e don Dino Torreggiani.

Come padre Leone e don Artemio avevano scelta la via del sacerdozio sulle orme dello zio don Antonio Zanni (1870-1938), così anche quattro loro nipoti scelgono sul loro esempio il sacerdozio e le missioni: i fratelli don Eleuterio e padre Giancarlo Anceschi, padre Umberto Davoli e don Romano; va ricordata anche la sorella Rosanna, carmelitana minore della Carità.

Romano trascorre un’infanzia e una gioventù serene. Già maggiorenne si fidanza con una ragazza della montagna e, le volte che sale per trovarla, si ferma dallo zio don Artemio; intanto però matura la svolta decisiva della sua vita e grazie all’incontro con don Mario Prandi mette a fuoco le sue aspirazioni più profonde. Fra il 1971 e il 1972 trascorre alcuni mesi presso don Artemio coadiuvandolo nella gestione di “Casa Nostra”. Nel frattempo don Artemio, dopo un lungo viaggio in India nella prima metà del 1969 presso la dottoressa Bianca Morelli, decide di impegnarsi a costruire un lebbrosario per gli hanseniani degli “slums” di Bombay: con le Suore dell’Immacolata si accorda di finanziare l’impresa, che sarà gestita dalla religiose.

Nel settembre 1972 Romano entra fra i primi Fratelli della Carità; subito dopo, d’accordo con lo zio e con don Prandi, che già intravede una nuova apertura missionaria, si reca in India presso i missionari del PIME di Eluru, nell’Andra Pradesh, collabora con il lebbrosario locale e dà prova di saper fare di tutto, dal meccanico al fabbro, al falegname, al cuoco. Nel novembre 1973 Romano si trasferisce a Bombay (oggi Mumbai, stato del Maharashtra) in aiuto a suor Luigina, contribuendo all’avvio dei lavori, ma pochi mesi dopo deve rientrare a Reggio per scadenza del visto turistico.

Un ‘buco’ temporale (1974-1977) nelle sue lettere non permette di precisare quando Romano ritorna in India; vi arriva stavolta con il permesso di soggiorno grazie a un diploma di terapeuta leprologo; collabora più che attivamente con le Suore dell’Immacolata nell’attuazione del piano sanitario quinquennale (1975-1980) denominato “Zona Kappa”. Il lebbrosario è inaugurato il 17 e 18 novembre 1977, presente una delegazione guidata dal vescovo Baroni. Il 30 aprile 1978 don Mario Prandi parte da Reggio per andare in India a concludere le trattative per aprirvi una Casa della Carità, accanto al lebbrosario di Versova: sarà il cuore della missione reggiana. Grazie alle esperienze precedenti, in due anni fratel Romano costruisce la prima Casa della Carità in India, inaugurata il 24 giugno 1980.

Il 13 aprile 1981 fratel Romano e don Prandi vanno ad incontrare Madre Teresa a Calcutta per una visita di due giorni, da cui usciranno corroborati sia la storia delle “Case” in India, sia la vocazione presbiterale di Romano. In effetti, terminato il decennale soggiorno indiano, Baroni lo “chiama” a diventare sacerdote. Romano, pur continuando la vita di Fratello della Carità, dedica alcuni anni allo studio del latino e alla formazione teologica, mentre è evidentemente avanti sulla preparazione pastorale.

Il 27 giugno 1987, a soli nove mesi dalla morte di don Mario Prandi (10 ottobre 1986), Zanni riceve l’ordinazione sacerdotale. Subito viene destinato come parroco a Fontanaluccia (1987-1999, con la successiva aggiunta di Romanoro e Rovolo, dal 1992, e di Morsiano dal 1993). Don Romano è anche l’immediato successore – dal 15 ottobre 1987 – di don Prandi come Superiore della Congregazione Mariana delle Case della Carità. È lui, insieme a suor Maria Giubbarelli, a ricevere il decreto di approvazione della stessa Congregazione. Sarà nuovamente Superiore dal 2005 al 2014.

Dopo l’esperienza in montagna, don Zanni diventa parroco in città, a San Luigi, dal 1999 al 2006. Nel 2000 il vescovo Caprioli lo nomina direttore della Caritas diocesana, fino al 2005, quindi Delegato vescovile della Caritas (2005-2018).

Durante l’episcopato di monsignor Camisasca don Romano è stato Vicario episcopale per la Carità e le Missioni dal 2013 al 2018, direttore del Centro Missionario Diocesano dal 2014 al 2017 e Superiore dei Fratelli della Carità dal 2014. Era inoltre canonico del Capitolo della Cattedrale (dal 2018) e assistente spirituale dell’Istituto Diocesano di Musica e Liturgia “Don Luigi Guglielmi”.

Quanti hanno conosciuto don Zanni o ascoltato le sue conferenze ne conservano l’immagine vivida di un prete che ha connotato il suo quotidiano progetto di vita con il motto “Caritas Christi urget nos” e ne aveva fatto la sostanza dei suoi giorni, in una serenità che comunicava fede e speranza.

Il cordoglio del Vescovo

Don Romano Zanni è stato un mio importante collaboratore durante questi anni di servizio episcopale a Reggio Emilia, come Vicario Episcopale per la Carità e le Missioni in quanto delegato vescovile della Caritas e direttore del Centro Missionario diocesani. Con lui ho condiviso tante iniziative, ma soprattutto i viaggi missionari.

Questi ultimi sono stati l’occasione nella quale mi ha fatto partecipe del suo grande cuore e della profonda conoscenza delle missioni. Mi ha parlato di un passato recente che potevo avvicinare solo nella testimonianza di chi lo aveva vissuto.

Attraverso don Zanni ho potuto sentire un po’ accanto a me don Prandi, di cui è stato uno dei figli prediletti, e ho conosciuto le Case della Carità, soprattutto il loro dono per tutta la Chiesa.

Don Romano è stato un uomo esigente, per sé e forse anche per gli altri, severo e assieme benevolo, riservato e assieme estroverso.

18 novembre 2018, il vescovo Massimo e don Romano Zanni all’inaugurazione degli Uffici di Curia (Foto Codazzi)

È stato un traghettatore della Congregazione Mariana verso una riforma, in una riflessione che continua sul posto della loro Famiglia nella Chiesa. Dopo don Prandi sono cresciuti sull’albero altri rami. Di tutto ciò don Zanni si è fatto carico, con una grande spesa di energie spirituali e psicologiche.

I suoi ultimi mesi di vita sono stati segnati dall’aggravarsi della malattia, vissuta con una grande, miracolosa serenità e un totale abbandono al disegno di Dio. Mi ha sempre confortato incontrarlo in questi ultimi tempi. Ho chiesto a Dio per me di avere la stessa confidenza e lo stesso santo desiderio.

+ Massimo Camisasca


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