Siciliano d’origine elesse poi Firenze a sua città, centro di tutta la sua molteplice attività di politico, sindaco, professore universitario, laico impegnato nella Chiesa, terziario domenicano e francescano, operatore di pace nel mondo.
Giorgio La Pira nacque a Pozzallo (Ragusa) il 9 gennaio 1904, dove visse i primi anni di vita, trasferitasi poi a Messina in casa dello zio, che lo fece studiare facendogli conseguire il diploma di ragioniere.
L’anno successivo conseguì anche il diploma di maturità classica, iscrivendosi alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Messina e laureandosi nel 1926 a Firenze, dove aveva seguito nell’ultimo anno il prof. Betti di Diritto romano, che era stato lì trasferito.
Durante la sua giovinezza a Messina ebbe varie esperienze culturali (da D’Annunzio, a Marinetti, a Dostojewski), poi si orientò tra il 1920 e 22 verso i valori cattolici e verso la fede; orientamento profondo del pensiero e soprattutto interiore e mistico.
Nel suo cammino di scoperta dei valori della fede, trascorreva molte ore dedite alla preghiera come per lo studio, dal 1926 Firenze diventò la sua città; nella scia del suo ispiratore spirituale, il futuro beato Contardo Ferrini, suo predecessore, iniziò la sua lunga carriera di docente universitario di Istituzioni di Diritto Romano. Valido insegnante ed educatore di giovani, che “avrà sempre negli occhi e nel cuore”, si dedicò anche allo studio della ‘Summa’ di San Tommaso, interessato all’intera struttura del diritto e della monumentale visione teologica del Cristianesimo; i suoi studi dettero al suo pensiero, una particolare chiarezza logica e una stringente persuasione delle conclusioni.
Nel 1928 a 24 anni aderì all’Istituto Secolare della Regalità di Cristo, fondato da padre Agostino Gemelli inserito nell’Università Cattolica e legato alla spiritualità francescana. Pregava e studiava dall’alba all’intera mattinata, dedicandosi per il resto ai giovani con incontri formativi, all’organizzazione dell’Azione Cattolica specie nella periferia fiorentina, alla carità verso i poveri, condividendola profondamente con libertà, generata da una sincera e volontaria povertà e con purezza di vita.
Fondò e partecipò a varie Conferenze di S. Vincenzo: di studenti, di professionisti, di artisti; nel 1934 consigliato da don Bensi, il prete dei giovani di Firenze, fondò per i più poveri e dispersi, l’Opera del pane di S. Procolo, che radunava ogni domenica intorno all’altare per ricevere anche l’Eucaristia, pane per l’anima e per il corpo; quest’Opera da lui così sentita fu il punto di riferimento durante la guerra ed il dopoguerra, per sfrattati, ebrei, ricercati politici, disoccupati, abbandonati.
Collaborò con il grande cardinale di Firenze Elia Della Costa, nella difesa degli ebrei ed a risolvere le vicende fiorentine di quei tempi. Dal 1936 Giorgio La Pira fissò la sua dimora nello storico convento domenicano di S. Marco, centro di spiritualità, dell’arte e della storia di Firenze; nel 1939 diede origine alla rivista “Principi” nella quale prendeva posizione contro il tiranno, la dittatura, il razzismo, le invasioni naziste della Finlandia e Polonia.
Il fascismo nel 1940 la soppresse, La Pira venne perseguitato e dopo l’8 settembre del 1943 lasciò Firenze per Fonterutoli presso Siena e poi per Roma, rientrando in città nell’agosto del 1944. Nel periodo della Liberazione, si aprì la fase più politica della sua vita; nel 1946 venne eletto deputato nell’Assemblea Costituente nella lista della Democrazia Cristiana, divenendo con il suo contributo culturale e morale, uno dei maggiori artefici dell’impostazione della Costituzione.
Nel 1948 venne rieletto deputato e nominato Sottosegretario al Lavoro nel governo De Gasperi, fu al fianco dei lavoratori nelle aspre vertenze sindacali del dopoguerra. Insieme ad altre grandi figure del cattolicesimo laico di quei tempi, come Rossetti, Fanfani, Lazzati, nel 1950 fondò la rivista “Cronache Sociali” su cui pubblicò un bellissimo commento sul dogma dell’Assunzione di Maria, proclamato in quell’anno da Pio XII; inoltre pubblicò “L’attesa della povera gente” un vero manifesto in favore della piena occupazione.
Nel 1951 sentì la sua ispirazione a dedicarsi con particolare impegno per la pace nel mondo e già il 6 gennaio di quell’anno, intervenne presso Stalin per la pace in Corea; a giugno fu eletto sindaco di Firenze, carica che tenne dal 1951 al 1957 e dal 1961 al 1965, in quegli anni mise tutto il suo impegno per realizzare una città a misura d’uomo, per ognuno ci voleva un lavoro, casa, scuola, ospedale e chiesa.
Si batté per dare un lavoro ai diecimila disoccupati, difese e conservò il posto di lavoro a duemila operai della Pignone, salvando l’azienda con l’aiuto di Enrico Mattei; requisì case e ville vuote in attesa che si costruissero case nuove, fece erigere due nuovi rioni; sotto le sue Amministrazioni si realizzarono molte opere pubbliche di ogni tipo.
Vennero ricostruiti i ponti principali sull’Arno, il nuovo Teatro Comunale, la Centrale del latte, il Mercato Ortofrutticolo, diciassette nuovi edifici per la scuola dell’obbligo, ammodernati i servizi tranviari, idrici, nettezza urbana; rimodernate centinaia di strade.
Seguendo un suo interno disegno, promosse Firenze oltre che a centro qualificato di turismo, anche a centro di un movimento culturale e politico per la pace e la civiltà umana e cristiana; ogni anno dal 1952 al 1956 organizzò i ‘Convegni per la Pace e la Civiltà Cristiana’. Inoltre nel 1955 il Convegno dei Sindaci delle Capitali del mondo, per impegnarli ad un’azione di pace, contro la minaccia di una distruzione atomica; dal 1958 promosse i ‘Colloqui per il Mediterraneo’ per suscitare la pace e la coesistenza fra cristiani, ebrei, musulmani.
Si fece pellegrino di pace andando nel 1959 a Mosca, dove parlò al Soviet Supremo in difesa della distensione e del disarmo; nel 1964 andò negli Stati Uniti per la legge sui diritti civili delle minoranze etniche; nel 1965 era ad Hanoi per incontrare Ho Ci Min, per chiedere la pace nel Vietnam.
Fu ancora ad Helsinki, Bruxelles, Budapest, Vienna, Varsavia, Huston, Tunisi, per Congressi mondiali e Conferenze Internazionali su sviluppo futuro e pace nel mondo in cui era relatore. Ebbe rapporti personali con numerosi Capi di Stato dell’epoca, da Kennedy a Krusciov, da Ciu En Lai a De Gaulle e con i papi Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI.
La sua azione pacificatrice era supportata dalla preghiera delle suore di clausura, che lui chiedeva come sicuro rimedio ed efficacia per la riuscita delle sue missioni, il cui programma comunicava costantemente alle suore, coinvolgendole.
Nel 1976 ancora una volta accettò l’invito della Democrazia Cristiana di presentarsi alle elezioni politiche in un momento di difficile situazione interna; difese i bambini non ancora nati contro l’aborto e ipotizzò un disarmo generale.
Ma la sua salute ormai era in declino e la sua vita attiva subì un fermo; morì il 5 novembre 1977, la sua ultima lettera la scrisse a papa Paolo VI, il quale lo ricordò subito nella preghiera dell’Angelus; fu sepolto umilmente, secondo il suo desiderio, nel cimitero di Rifredi (FI).
Giorgio La Pira scelse la strada della vita comune come tutti, pur portando nel cuore la sua “certosa interiore”. Egli fu attento al progetto di Gesù Cristo re dell’Universo e re della Storia, che attira a sé e unisce l’unica famiglia umana.
Scrisse numerose pubblicazioni, la cui bibliografia è curata dalla “Fondazione Giorgio La Pira” di Firenze; il suo motto fu “Spes contra spem” e lo ricordava ogni qualvolta era impegnato in un faticoso lavoro politico quotidiano, in circostanze che qualche volta avrebbero fatto disperare chiunque.
I suoi discorsi domenicali alla Messa della Badia Fiorentina, chiamata ‘Messa del Povero’, contenevano anche un concentrato di riferimenti politici, ad esempio: “Dovete pregare anche per il governo, qualunque sia; se io fossi in Russia, io cristiano pregherei per Krusciov, pregherei Dio perché lo converta” (20/7/1958).
Il 9 gennaio 1986 l’arcivescovo di Firenze, Piovanelli ha avviato il processo per la beatificazione di questo grande laico cattolico “venditore di speranza”, nella sua città, in Italia e nel mondo, sempre nell’ottica cristiana.